Succede che gli operatori della clinica (quelli che vedono i pazienti, per intenderci) si confrontino su proposte politiche che dichiarano di voler ridurre i danni correlati alla pratica di gioco d’azzardo, perché magari viene loro chiesto di esprimere un parere.

Tali proposte tuttavia, al di là delle buone intenzioni, possono avere esiti, positivi o negativi, che finiscono per riflettersi anche sulla possibilità di trattare in modo efficace i pazienti e i loro familiari.

Il nostro qualificato socio dr Maurizio Avanzi, stimolato dal dover rispondere a una collega, ha formulato le seguenti interessanti considerazioni sul tema del “Gioco Responsabile”.

Egli afferma che il modello sottopostogli dalla collega (sul quale invero sarà necessario meglio approfondire) per come è stato proposto è quantomeno spudorato, quando mette insieme nel girotondo, chi guadagna dal gioco d’azzardo (industria del gioco d’azzardo, gestori dei locali e Stato) e chi gioca d’azzardo e chi si prende cura o comunque ha dei danni insieme a chi si ammala e dovrebbe davvero avere come “obiettivo primario di prevenire potenziali rischi per la salute” (Stato schizofrenico, enti locali, servizi sanitari e forze sociali). 

“Sarò più preciso” chiosa Avanzi “Sono d’accordo che si parli di responsabilità di chi mette a disposizione il gioco d’azzardo, ma allora dovrebbe concretamente contribuire al pagamento dei danni di chi si ammala e ai costi delle sue cure. 

Poi però dobbiamo sommessamente ricordare che coloro che fruiscono di questa attività economica (lo Stato, con la sua tassazione troppo bassa e con la sua assenza nella tutela della salute pubblica, l’industria e i gestori dei locali d’azzardo) traggono beneficio soprattutto da chi è già malato d’azzardo e quindi possono partecipare solo per finta alla sua tutela. 

Inoltre, chi ha già questa dipendenza è un giocatore d’azzardo patologico che per definizione non può più esercitare il suo libero arbitrio, tanto meno giocare d’azzardo in modo responsabile. Al massimo è apparentemente capace di intendere, ma non di volere. 

Il girotondo avrebbe senso solo se chi ha responsabilità le usasse per tutelare almeno chi è già malato, obbligandone l’esclusione dal gioco d’azzardo. 

Abbiamo già visto con la pandemia di COVID-19 che la prevenzione ambientale funziona. Come usare queste evidenze?”

Una domanda cruciale che apre spazio alla ricerca di soluzioni utili per davvero, e non solo in superficie, in favore dei nostri pazienti e delle loro famiglie sofferenti.